giovedì 30 aprile 2015

La fata del lago

Nella conca di Prêz si possono trovare le antichissime tracce della presenza di un lago, la cui memoria si perde nel tempo.

Narra la leggenda che, anticamente, sulle amene rive di questo lago, viveva una fata. Ella si prendeva cura del luogo e le acque, limpide e pure, donavano frescura ai boschi circostanti. Scorrendo irrigavano poi prati e campi, e tutto era piacevolmente verde e rigoglioso.

La gente del luogo non aveva mai visto la fata, ma ne conosceva la voce. Ella, infatti, quando era felice cantava e il suo canto dolcissimo si spandeva per tutta la vallata. Si diceva fosse molto bella, ma nessuno lo aveva mai potuto verificare con i propri occhi, perché non voleva essere vista ed evitava la presenza umana, spesso trasformandosi in serpe, per nascondersi meglio.

Un giorno due pastorelli, che riposavano tranquilli al riparo di una roccia, udirono levarsi un canto vicino loro. «È una donna che canta – disse il maggiore – ma non conosco nessuna che sappia cantare così». La voce si avvicinava e i ragazzi rimasero immobili in ascolto, trattenendo persino il respiro. Quando la melodia si spense nessuno dei due osò parlare, per timore di rompere l'incanto creato da quella voce celestiale. 

All'improvviso, da dietro dei cespugli, si materializzò la donna che cantava, avvolta come in un manto da lunghissimi capelli dorati. I pastorelli non avevano mai visto una creatura così bella, né chioma così lucente, né occhi così meravigliosi, simili al colore del cielo specchiato nell'acqua.
«È la fata del lago!» esclamò il più piccino.
«Ssssst!» lo zittì l'altro, timoroso di spaventarla.
Troppo tardi: la fata si era accorta della loro presenza. Si coprì anche il volto con i lunghi capelli e fuggì verso il lago, così rapida e leggera che l'erba non si piegava neppure sotto i suoi passi.
I pastorelli la inseguirono, ma presto la persero di vista e giunti alla riva del lago furono costretti a fermarsi. Ad un tratto, sull'altra sponda, videro una grossa serpe dalle squame d'oro che brillavano al sole. Non sapevano dell'esistenza di serpenti così grandi e fuggirono spaventati, rinunciando a cercare la fata.
A lungo non si sentì più cantare nei pressi del lago, ma spesso chi si trovava a passare da lì avvistava la serpe che, rapida, si sottraeva agli sguardi con un guizzo repentino.

Un giorno un cacciatore di Fontainemore sorprese la serpe mentre, su una roccia, si riscaldava al sole, contemplandosi nell'acqua, come in uno specchio. L'uomo imbracciò il fucile e sparò un colpo. Colpita a morte, la serpe si lasciò scivolare nel lago. In breve le acque ribollirono di sangue e poi, lentamente, il loro livello calò. Le sorgenti fino ad allora abbondanti si inaridirono all'improvviso. La conca di Prêz si prosciugò e scomparve ogni traccia di vegetazione; lungo il pendio, non più irrigato, il suolo si fece arido e brullo. Insieme alla fata serpe morì anche il suo lago.



mercoledì 29 aprile 2015

Il tesoro di Alarico

Sedici secoli, 1605 lunghi anni. Per molto tempo gli occhi dei cercatori di tesori sono stati puntati su Cosenza, in Calabria, e - ancora oggi - la curiosità non è del tutto spenta. 

Narra la leggenda che in questa città, sotto le acque del fiume Busento, sia sepolto il tesoro di Alarico, grande re visigoto.

Il 24 agosto del 410 d.C. i Visigoti, guidati dal loro re Alarico, entrarono a Roma, devastandola e saccheggiandola. La potenza del grande Impero era venuta meno. Dopo tre giorni di razzie, Alarico lasciò la Città eterna carico di ori, preziosi e schiavi. Con il suo esercito si diresse verso sud, con l'intenzione di conquistare l'Africa. Arrivato a Reggio organizzò una flotta, ma una tempesta disperse e affondò le navi. Alarico si diresse dunque di nuovo a nord, ma giunto nei pressi di Cosenza, si ammalò improvvisamente e morì.

Secondo la leggenda, i suoi uomini decisero di seppellirlo insieme al suo tesoro; e per evitare che la tomba fosse profanata deviarono il corso del Busento, per poi ripristinare - dopo la sepoltura - il normale fluire delle acque. Per sigillare in eterno il segreto del luogo, i Visigoti uccisero tutti gli schiavi che avevano lavorato alla realizzazione della tomba, in modo che nessuno potesse ritrovare il luogo in cui, ancora oggi, riposa il grande Alarico e il suo immenso tesoro.